Le parole sono finestre (1998)

Oggi voglio parlarvi di un’altro libro di Marshall Rosenberg dal titolo Le parole sono finestre, oppure muri, in cui l’autore ci spiega, come dice la copertina, come le nostre parole possono aiutarci a guardare dentro gli altri e mostrare quello che abbiamo dentro, o a nascondere tutto e proteggere o proteggerci fino al punto di non riuscire nemmeno a vedere il nostro interlocutore.

Da quando l’ho iniziato è diventato uno dei miei preferiti in assoluto, sia l’autore che la Comunicazione non Violenta, che questo libro in particolare, esaustivo, dettagliato, e allo stesso tempo semplice e scorrevole nella lettura, anche per via della formattazione (con alcuni spunti da non perdere nei margini e riassunti alla fine di ogni argomento importante) che potrebbe guidare una lettura veloce previa alla lettura vera e propria se uno volesse farsi un’idea generale per poi approfondire una o tutte le sue parti.

Per me è difficile scegliere perchè mi pare tutto ugualmente importante ma… ci sarebbe un argomento di cui abbiamo parlato molto questa settimana all’evento di facciamo pace, il potere dell’empatia. L’empatia come connessione tra due persone ad un livello molto più profondo di quello che possiamo analizzare, come il risultato dell’ascolto con tutto il corpo e non solo con la mente.

Una delle cose che mi ha colpito di più è l’elenco di attività che limitano l’ascolto alla superficialità della mente e che rendono più difficile la connessione empatica, tra cui:

  • dare consigli, se diamo consigli prima di aver approfondito, il rischio di non aver capito bene il problema è molto alto;
  • cercare di tirare su, di consolare, di commiserare, sono reazioni che tendono a mantenere il problema, a livello superficiale può essere irrisolvibile, ma ad un livello più profondo le cose sono normalmente diverse e le possibilità aumentano esponenzialmente;
  • educare, correggere, interrogare, raccontare storie, sono sempre azioni che mantengono la conversazione e la connessione a livello mentale e superficiale.

A volte è molto meglio regalare del tempo, un silenzio, un gesto, un feedback sui sentimenti che ci ispira il nostro interlocutore, un riconoscimento dei sui bisogni… che qualsiasi altra risposta la nostra mente ed il nostro Ego propongano per uscire dalla scomodità del malessere in fretta.

Se non l’avete letto ve lo consiglio vivamente… se l’avete letto? Cosa ne pensate?… Aspetto i vostri commenti…

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