la rabbia e il fango

Dicono che c’era una volta un bambino che un giorno arrivò a casa dopo la scuola urlando e molto arrabbiato. Quel giorno un compagno, il suo migliore amico, aveva detto una cosa brutta di lui e diceva che non avrebbe mai nè voluto nè potuto perdonarlo.

Arrivò a casa ed entrò sbattendo la porta e rispondendo male a suo fratello e a sua sorella, si chiuse in camera e misse la musica ad un volume così alto che non si poteva parlare nemmeno in salotto.

La madre cercò di parlargli ma non si lasciò avvicinare fino a quando arrivò il padre, qualche ora più tardi. Quando era un po’ più calmo anche se era ancora molto arrabiato, si sedettero a tavola e il padre gli chiese di raccontargli tutto, e dopo che ebbe finito gli disse, sereno e fermo:

– Capisco quanto sei arrabbiato. Ma devi capire che tutta questa rabbia fa più male a te che a lui.

 – Tu e le tue parole, hai sempre una parola per tutto, vero? – disse il ragazzino trasferendo parte della sua rabbia sul padre e sui insegnamenti teorici.

– Ti capisco, quando io avevo la tua età mio padre mi disse la stessa cosa e io risposi quello che hai risposto tu. Ma lui mi porto in cortile, era piovuto da poco e tutto era una pozzanghera, appese una maglietta nei fili per stendere della mia mamma mi chiese di lanciarci contro del fango fino a quando avessi sfogato tutta la mia rabbia.

– E ti sei sfogato? -chiese e il ragazzo, pensando a suo padre e dimenticando per un momento i suoi problemi.

– Ci puoi giurare. Ho buttato tanto di quel fango su quella maglietta che non è mai tornata pulita. Dopo qualche lavaggio abbiamo dovuto buttarla. Comunque, mio padre mi portò dentro, in bagno, mi misse davanti allo specchio e mi chiese: Vedi il prezzo della rabbia? Per sporcare la maglietta, vedi come ti sei ridotto? Ed era vero, avevo del fango persino in bocca, e anche i vestiti che avevo addosso furono difficili da lavare. Da allora non mi arrabbio più. Non vale la pena.

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