il negozio della verità
Dicono che c’era una volta un giovane che passeggiava un po’ distratto tra mille pensieri sul lavoro, la famiglia, gli amici, su tutti i suoi sogni, desideri e progetti, e che ad un certo punto, quasi senza rendersene conto si trovò davanti ad un negozio la cui vetrina diceva “negozio della verità”.
Si disse, “che fortuna, è proprio quello di cui avevo bisogno! ed entrò. Lui, senza dubbi di nessun tipo rispose che voleva la verità piena. Non voleva truffe, razionalizzazioni o altre storie. Voleva la verità nuda, chiara e assoluta!
La commessa disse che in quel caso doveva portarlo in un’altra sezione del negozio e gli chiese di accompagnarla lungo un corridoio e delle scale fino ad una sala molto più spartanain cui attendeva un’altro venditore.
– Vuole tutta la verità, signore, è sicuro? ha visto il prezzo? – chiese il venditore.
– Quanto costa? – chiese, tra se e se pensava che, arrivato a questo punto non si sarebbe fatto fermare dai soldi.
– Il problema non è quanto, ma cosa, non si paga in denaro. Il prezzo per conoscere tutta la verità è il non giudizio. Se vuole portarsela casa dovrà lasciare qui ogni giudizio e ogni sicurezza sulla sua vita, sul mondo, persino su se stesso.
L’uomo, come facciamo spesso davanti ai prezzi troppo alti, disse che doveva pensarci e uscì dal negozio a testa alta ma pervaso da una gran tristezza. Incapace di apprezzare il regalo ricevuto dal negozio gratuitamente, una piccola verità sulla situazione, sul fatto che in realtà non cercava tanto la realtà come la conferma che i suoi giudizi sulle cose fossero esatti.
L come libertà (di opinione)
Un’altra parola molto importante per il Vocabolario possitivo e un tema di cui si parla molto in questi giorni è la libertà di espressione, di opinione, che molti pensiamo stia sparendo di nuovo per mano di quelli che fino a poco fa la chiedevano a grandi voci. Quando erano loro a non poter dire quello che pensavano, a essere perseguitati per le loro idee e a essere “contro-corrente”.
rimedio contro la morte
Dicono che c’era una volta, all’epoca del Buddha, una donna a cui morì il suo unico figlio. La donna era disperata, non riusciva a lasciare che lo seppellissero, convinta che ci fosse un errore, il giorno prima stava bene e quello dopo non si era svegliato.
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