chiedere aiuto
La settimana scorsa abbiamo parlato di quelle situazioni in cui non riusciamo ad ottenere quel che vogliamo. Siamo partiti dal fatto che “insistere” senza cambiare è difficilmente la soluzione e poi abbiamo parlato dell’importanta di “prepararsi“, ma, spesso bisogna anche chiedere aiuto.
Ma occhio, anche chiedere aiuto può essere una trappola se non si fa attenzione a due aspetti su cui vorrei soffermarmi un attimo:
- il primo è a chi chiediamo aiuto, spesso la nostra richiesta fallisce perchè chiediamo alla persona sbagliata, la persona giusta per noi è preparata ma è anche in grado di aiutarci, di capire dove ci troviamo e di aiutarci a fare un percorso di crescita e ci sentiamo sconfitti e impossibili;
(oggi giorno, grazie a Internet e ad una distribuzione quasi universale della conoscenza, se non troviamo la persona giusta potremmo armarci di pazienza e provare ad aiutarci da soli, cercando la preparazione nei libri e nei corsi, ma la fiducia in noi stessi e la definizione del percorso dovremmo metterla noi); - il secondo è in cosa consiste l’aiuto, l’aiuto, quello vero, come abbiamo detto prima, quando non riusciamo a fare qualcosa, è un “aprirci le porte” più o meno astratte. L’aiuto non è fare le cose al posto nostro, quello si chiama “delegare” ed è un’altra storia. L’aiuto ci mostrerà la strada ma percorrerla dovremmo farlo noi.
Il mio invito possitivo di oggi è a provare a riflettere sui desideri e gli obbietivi che abbiamo abbandonato perchè abbiamo considerato del tutto impossibile fare da soli. C’è qualcuno a cui potremmo chiedere aiuto, o qualche libro, o qualche corso?
L come libertà (di opinione)
Un’altra parola molto importante per il Vocabolario possitivo e un tema di cui si parla molto in questi giorni è la libertà di espressione, di opinione, che molti pensiamo stia sparendo di nuovo per mano di quelli che fino a poco fa la chiedevano a grandi voci. Quando erano loro a non poter dire quello che pensavano, a essere perseguitati per le loro idee e a essere “contro-corrente”.
rimedio contro la morte
Dicono che c’era una volta, all’epoca del Buddha, una donna a cui morì il suo unico figlio. La donna era disperata, non riusciva a lasciare che lo seppellissero, convinta che ci fosse un errore, il giorno prima stava bene e quello dopo non si era svegliato.
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