conflitti archetipici

10 Oct 18

Questa settimana, finalmente abbiamo iniziato ad affrontare l’argomento degli archetipi e abbiamo parlato di come usarli per comprendere meglio alcuni problemi che si possono creare per i malintesi e le supposizioni sbagliate sulle ragioni che crediamo abbiano  le azioni degli altri e anche le nostre.

Dicevamo che in realtà, il nostro cervello da poca importanza alle cose che facciamo o che fanno gli altri e molta alle motivazioni, note o presunte… Infatti, il valore del sorriso, di una parola, di un gesto, dipende molto dal fatto che pensiamo che sia sincero. Dipende anche da quello che pensiamo della persona che lo fa, se ci sta simpatica o antipatica, se crediamo sia interessata ad ottenere qualcosa in cambio, ecc.

Il problema si pone quando la spiegazione che presuppone chi fa l’azione, consapevole o inconsapevolmente è diversa di quella che ipotizza chi l’azione la osserva o la subisce. Per esempio, quando diciamo “non fare il bambino“, non stiamo dicendo esattamente cosa deve smettere di fare, ma usando una definizione archetipica, un “personaggio”, il bambino, che usa chi parla per definire a chi ascolta. Probabilmente la persona in concreto non crede di stare “facendo il bambino”, avrà un’altra spiegazione, e finchè non la troviamo non potremo “capirci”. Lo stesso vale per “non sei mia madre”, “non farmi da professore”, “non fare la vittima”.

Tutte queste frasi possono creare dei malintesi se le trattiamo a livello superficiale. Ma possono essere uno spunto per iniziare a sbrogliare la matassa.

Infatti, questo gruppo nasce e si mantiene proprio per questo, per cercare nuove spiegazioni, nuovi modi di per aiutarci l’un l’altro con delle domande a diversi livelli, più o meno personali, più o meno spirituali, più o meno culturali, per scoprire quello che abbiamo in comune e quello che no, e quanto sia soggettivo quello che diamo per oggetivo.

Cosa ne pensate? C’eravate all’incontro? Qualcosa da aggiungere?

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